Il mio Giappone: ricordi, tradizioni e curiosità
Del mio viaggio in Giappone ho un cassetto di ricordi traboccante di immagini e profumi che il tempo non è riuscito ancora a cancellare. Come il senso di intontimento nell’attraversare l’incrocio di Shibuya seguendo la moltitudine o l’incapacità del mio stomaco di abituarsi alla zuppa di miso a colazione e, perché no, la sorpresa di trovarmi davanti ad un wc parlante 🙂
Nulla di ciò che avevo letto prima di partire mi ha preparata al senso di disorientamento che ho provato al mio arrivo ed alle stranezze che rendono per tanti versi il Giappone un Paese unico. Di certo posso dire che è una terra dalle mille sfumature dove tutti i sensi sono continuamente stimolati, che stordisce e che riesce ad influenzare il tuo modo di comportarti persino quando ti sembra tutto assurdo.
Apro qui quel cassetto e lascio che i ricordi scivolino lentamente fuori.
Il primo ramen non si scorda mai
Permettetemi questo gioco di parole ma è stato proprio così. Il ramen, il mio primo incontro in assoluto con il cibo giapponese nella terra del Sol Levante, non lo scorderò mai. Consumato in un localino in un angolo buio di Tokyo poche strade più giù del mio anonimo business hotel.
Solo anziani al suo interno, un menù in giapponese e delle foto sulle pareti. Le mie dita e quelle della mia amica Cecilia indicano una foto. Ci affidiamo al caso. Non sappiamo cosa ci sia dentro, ma che fa? In fondo è bello farsi sorprendere.
Eccolo che arriva. Fumante e profumato. Le nostre bacchette si immergono nella ciotola di noodles bollenti. L’armonia dei sapori ci inebria la mente. Il ramen è davvero soul food.
Parole che salvano
Ok, sto esagerando un po’ in quanto a salvezza ma oggettivamente ho avuto grandi problemi di comunicazione in Giappone.
Non so se sia dovuto alla timidezza dei giapponesi o alla loro scarsa dimestichezza con le lingue straniere ma l’impressione è che pochi davvero parlino inglese, persino in una metropoli come Tokyo.
Ci siamo dovuti adeguare imparando alcune parole chiave. Le prime ed indimenticabili (nel senso che guai a scordarsele!): nama biru, birra alla spina.
Senza tralasciare ovviamente di esercitare a dismisura l’arte della gentilezza giapponese con il rituale arigatō.
Il mio Giappone
Non si vive di solo sushi
Da grandissima amante del sushi quale sono, ero pronta a deliziare il mio palato con le più infinite varietà. Cosa che effettivamente ho fatto. Non mi aspettavo però di innamorarmi di alcune pietanze che avrebbero surclassato abbondantemente il piatto giapponese più noto al mondo.
Re incontrastato della mia esperienza culinaria è stato lo yakiniku, il bbq giapponese, seguito a ruota dall’okonomiyaki, una sorta di omelette. Non so dirvi se ad influire sulle mie scelte siano state le modalità con cui ho consumato questi cibi, fatto sta che li ho amati!
Caratteristica comune ad entrambi è la modalità fai da te.
Una griglia al centro del tavolo con i tagli di carne da grigliare nello yakiniku, che nel mio caso sono stati accompagnati rigorosamente da fiumi di birra, ed una piastra e delle spatole più svariati ingredienti, tra cui le uova, da mescolare assieme per creare il proprio sapore unico nel caso dell’okonomiyaki.
Credevo fosse una geisha ma era una maiko
Una delle figure che si associano maggiormente al Giappone è senza dubbio quella della geisha. Kyoto è forse il luogo in cui forse ci sono maggiori possibilità di vedere una Geiko (questo il nome con cui sono conosciute nell’antica capitale imperiale) anche se incontrarle per strada resta un evento raro.
Così quando tra la folla ne sono passate alcune in fila ho pensato di essere stramaleddamente fortunata. Ma non avevo mica visto delle geishe. E no. Avevo visto delle maiko che sono apprendiste geishe.
La preparazione di una maiko dura circa 5 anni, durante i quali impara ed affina diverse arti come la danza, la musica tradizionale e buona conversazione. Come riconoscerle? Le maiko indossano kimoni dai colori vivaci e la fascia in vita è lasciata lunga sul retro, tra i capelli portano forcine ed ornamenti ed i sandali di legno sono alti.
Ma dove si possono vedere delle vere geishe? Per strada non è facile incontrarle e, a dir la verità, qualora aveste la fortuna di imbattervi sarebbe opportuno non disturbarle (anche tra l’altro per non rischiare di essere multati).
Se non volete perdere questa occasione allora potete partecipare ad un loro spettacolo di intrattenimento nelle ochaya, le case del tè, oppure nei ryotei, i ristoranti tradizionali.
Si tratta tuttavia di eventi sempre molto costosi.
Il sonno atavico
Se c’è una cosa che non ho potuto fare a meno di notare durante il mio viaggio in Giappone è che i giapponesi dormono ovunque sia possibile e non appena possibile. Seduti o in piedi non importa. Ovunque ci sia la possibilità di una pausa. In piedi appoggiati al palo nei vagoni della metro, anche solo per il tempo di una fermata. Persino sulle macchinette delle sale giochi.
Non c’è nulla di disdicevole nel dormire ovunque ed appena possibile, anzi! Questa abitudine che ha un nome ben preciso, Inemuri, è la dimostrazione di quanto abbiano lavorato sodo e di conseguenza siano esausti.
Il mio Giappone
Anime e Manga shop
Credo non si possa capire fino in fondo la passione dei giapponesi per manga e anime finché non si mette piede in uno di quei fantastici negozi multipiano dedicati a questo mondo. Varcata la soglia si entra in un universo che, almeno per quanto mi riguarda, profuma di infanzia. Sempre che siate cresciuti con i cartoni animati giapponesi, s’intende.
Ma il posto in cui mi sono davvero deliziata, anche perchè decisamente più alla portata di portafoglio, è stato un negozio di gachapon (o gashapon).
Ne avete mai sentito parlare? Sono dei negozi con centinaia di distributoi automatici allineati in cui, per 100-200 yen, si ottengono delle capsule con dentro dei pupazzetti raffiguranti personaggi di anime e manga. La cosa più affascinante è l’effetto sorpresa. Ogni automatico ha una sua serie di soggetti e si può scegliere quale collezionare ma solo all’apertura della capsula saprete quale personaggio vi aspetta.
Ho quasi pianto davanti ad una vetrinetta che conteneva dei pupazzetti di Capitan Harlock, il mito della mia infanzia!! Ho indicato al gestore le figure in miniatura cercando di capire dove fosse la macchinetta dispensatrice di siffatte meraviglie ma ho finito per scoprire che si trattava di pezzi ormai da collezione. Fine di una breve storia triste.
Houston, abbiamo un problema con le scarpe!
È per me ancora un mistero il motivo per cui le giapponesi si ostinino ad andare in giro con scarpe di numeri più grandi, e non di poco. Ok, capisco che quelle décolleté siano bellissime e che tu le abbia puntate dall’inizio dei saldi, ma sono giganti e ti fanno camminare in modo terribilmente assurdo.
Non so se sia davvero il non voler assolutamente rinunciare ad un fantastico paio di scarpe oppure se ci sia qualcosa di strano nel sistema taglie.
Io devo dire che, con mia grande sorpresa, ho visto nel reparto calzature di un grande magazzino scarpe andare per taglie e non per numeri: S, M, L ma forse si trattava semplicemente di un negozio economico.
A proposito di camminare in modo strano: che molte giapponesi abbiano le gambe storte non è una leggenda metropolitana. Ancora più sorprendente è che molte camminino intenzionalmente con le gambe ad X.
Gli inchini
Credo sia arcinota l’estrema educazione dei giapponesi. Educazione che si traduce in continui inchini, simbolo della cultura del rispetto. Ma un inchino non vale l’altro. Esistono forme diverse che variano a seconda delle circostanze e di chi ci troviamo di fronte. L’Ojigi, che è la parola giapponese per inchino, è una vera e propria arte che ha le sue regole.
Quanto più grande sarà il rispetto che si vuole mostrare tanto più profondo sarà l’inchino.
Ero arcisicura che in Giappone mi sarei trovata di fronte a continui inchini ma non avrei mai creduto potessero essere così tanti come quelli che ho visto sullo shinkansen.
Quando entrano nella vettura i controllori fanno un inchino iniziale, poi si muovono tra i passaggeri chiededendo ad ognuno di essi il biglietto e tutto ciò ripetendo con grazia le stesse parole e gli stessi gesti. Lasciando il vagone si ripetono in un nuovo inchino.
Il mio Giappone
Smoking areas
Il Giappone è quel meraviglioso Paese dove camminando per strada non ti troverai sotto il naso la scia del fumo di sigaretta dei passanti. Per strada infatti è vietato fumare e lungo i marciapiedi grandi disegni con il segno di divieto ve lo ricordano. Per i fumatori vi sono aree apposite circondate da pannelli indicate appunto come smoking area.
Fine di una breve storia felice 🙂
L’apparenza inganna
Non di rado troverete nelle vetrine dei ristoranti la riproduzione quasi perfetta (a volte davvero perfetta) delle specialità che vengono servite nel locale. Una vera salvezza per i turisti a digiuno di giapponese! Questa antica arte che risale al 1917 è chiamata sampuru e serve a rendere i piatti più appetibili agli occhi degli stessi giapponesi notoriamente amanti dell’estetica visiva.
È talmente alta l’aspettativa dei giapponesi di vedersi serviti la portata ordinata esattamente come il modello in vetrina che spesso i ristoratori ordinano i propri sampuru su misura inviando le foto dei propri piatti ai produttori. Una volta queste coreografiche composizioni erano in cera ma ora la plastica si fa sempre più largo.
Gli ingarbugliati cavi elettrici
Resta per me un vero e proprio mistero il motivo per cui, in una nazione in cui l’estetica e la precisione regnano sovrane, i cavi elettrici siano ancora un groviglio di fili sospesi in aria invece di essere interrati. Che siate in periferia, città o aree rurali l’orizzonte è sempre segnato da pali e cavi elettrici aerei.
Non vi nascondo che mi ha fatto un certo piacere trovare un’imperfezione del genere nella nazione ipermoderna per eccellenza. Quel disordine a cui nessuno sembra interessarsi rende il Giappone quasi umano ai miei occhi.
I Pachinko
L’inferno giapponese sulla terra ha un nome: pachinko.
Questo gioco d’azzardo, un misto tra flipper e slot machine, è quanto di più alienante abbia mai visto.
In locali con musiche assordanti ed irritanti, luci ipnotiche e colori vivaci decine e decine di giocatori, quasi in trance davanti a macchinette tutte uguali e disposte in fila, osservano la traiettoria delle biglie incuranti del mondo che li circonda.
Hai letteralmente sradicato il nostro cassetto dei ricordi con questo post!!!
Il primo ramen gustato nonostante le temperature hot di agosto! Le luci e il rumore ipnotico del pachinko! Le “autostrade” di fili ingarbugliati… Ogni singolo aspetto da te raccontato ci ha fatto tornare con la mente a quel meraviglioso viaggio!!!
Ecco la forza delle parole di un vero blogger…
Complimenti!
Grazie ragazzi, siete carinissimi!
Diciamo che in questo periodo di fermo obbligatorio basta pochissimo per trasformare i cassetti dei ricordi in un fiume in piena al minimo accenno. Il ramen, mannaggia ma quanto è buono?? Io non sono più riuscita a mangiarne uno così
L’articolo è uno spaccato della vita giapponese (non ci sono ancora stato ma mi sono preparata leggendo molto). Ma se ti devo dire la verità, anche a me fa un certo piacere trovare un’imperfezione, quella dei fili disordinati, nella nazione ipermoderna per eccellenza. E anche a me fa l’effetto di renderlo quasi umano ai miei occhi.
In Giappone ho avuto la possibilità di seguire anche un seminario sulla società giapponese e ci sarebbe tanto da raccontare.
Quell’ammasso di cavi per un attimo ti riporta sul pianeta terra 🙂
Pare che il loro interramento sia una pratica costosa. Strano che risparmino su questo 🙂
Ma che meraviglia questo articolo!
Non sono mai stata in Giappone, ma ho passato un quarto d’ora di piacere leggendo tutte queste buffe curiosità!
Grazie Elena. Il Giappone è un Paese che affascina, anche con le sue contraddizioni!
Ci riprovo…
Ti dicevo che ero a un click dal comprare il volo per il Giappone.. Ci sarei andata a settembre poi a febbraio il caos ed è ovviamente saltato tutto.
Pazienza, ci sarà tempo e modo. Nel frattempo mi godo i tuoi ricordi e raccolgo dettagli e intuizioni. Mi immagino già tra mercati e vicoli ad assaggiare il primo ramen.
Ai fili elettrici non avevo pensato. Persino in Giappone…
Oh Benedetta, non ricordavo del Giappone e davvero mi dispiace. Sono sicura che dopo tutto quello che abbiamo passato e stiamo passando ci sapremo godere meglio i viaggi. Con più consapevolezza, più desiderio di viverli meglio, magari vedendo meno.
Ci vorrebbe un anno sabbatico in terra Giappa per scovare tutte queste abitudini strambe (per noi) e “curioserie” meravigliose! Il Giappone purtroppo lo conosco solo dai vecchi anime e dai fumetti… fino a qualche anno fa ero tra le fila degli Otaku, faccio outing 😛 E riscoprire dal vivo tutte le loro tradizioni (anche le nuove) mi trasformerebbe in Alice nel paese delle meraviglie (però in versione Totò e Peppino a Milano) 😀
Sfiziose le facce da ramen hahhahaha! A parte scherzi, coi lineamenti che hai, sai che bella saresti in versione geisha!? 😉
Hai scritto un bellissimo articolo di viaggio, Simona, di quelli che io amo!
Orsa, dopo il lockdown la faccia ora è più da pesce palla che da geisha 😀 😀 😀
Non puoi capire quante curioserie ci sarebbero ancora da raccontare! Otaku: ecco, ora so dare un nome ad una categoria 🙂
Non l’avevo mai sentito. Comunque non finisci mai di stupirmi.
Guarda che Totò e Peppino in Giappone si finisce per esser tutti, almeno i primi giorni 🙂
Che bellezza! Immagino che un viaggio in Giappone sia per molti un vero e proprio shock culturale. Mi piacerebbe tantissimo andarci, anche se finora il mio desiderio non si è mai trasformato in un piano concreto per via del tempo necessario.
Mi fa piacere leggere che oltre al sushi c’è di più, perché purtroppo non mangio pesce crudo (colpa di un’intossicazione alimentare di tanti anni fa), ma vedo che ci si può togliere la fame con tante altre cose buone!
Ma che curiosa la cosa delle scarpe, chissà a cosa è dovuta?
Sicuramente è un viaggio che richiede tempi lunghi, se non altro per andare un po’ più a fondo. Io di Tokyo, per esempio, ho visto quasi solo la parte ipermoderna e ne sono tornata delusa. Avessi girato per i quartieri più antichi e tradizionali probabilmente l’avrei apprezzata di più. Cose buone ce ne sono per fortuna. Il bello è che in diversi ristoranti devi finire tu la preparazione. Decisamente interessante 🙂
È una terra che affascina ed incanta allo stesso tempo, con una cultura profondissima. Hanno un modo di rapportarsi unico con la gente e questo mi ha sempre colpito : questo loro essere all’interno di certi schemi, la non trasgressione a certe regole, la puntualità, la gestualità, la riverenza ed il rispetto rendono il Giappone un paese unico.
Mi stupisce e sorprende tu abbia trovato qualcosa migliore del sushi. Questo dimostra che c’è sempre qualcosa di diverso da provare tavola. Mi hai incuriosito con questo barbecue giapponese.
Purtroppo il Giappone è una terra che non visitero a breve in quanto in 4 ê davvero dispendiosa, ma di sicuro quando sarò di nuovo viaggiatore di coppia ci andrò. Anche grazie ai ymtuoi consigli. 😊
Ahimè sì costa un botto, andarci in 4 è impossibile a meno di una vincita inaspettata 🙂
Ma ci credi che alla fine di sushi ne ho mangiato pochissimo?
La non trasgressione delle regole, persino quelle più banali come il lato lungo cui salire le scale in metropolitana, è per certi versi qualcosa che fa impazzire noi italiani. Devo dire che vedere una moltitudine di persone salire lentamente le scale a causa dell’affollamento quando il lato opposto per la discesa era completamente vuoto mi ha fatto venire la voglia di trasgredire 😀 (anche se alla fine mi sono adeguata)
Bellissimo Blog. Brava!
Grazie Susi!
Mi sento un pochino giapponese anche io. Perché? Perché sono sempre riuscito ad addormentarmi ovunque. Una volta mi sono addormentato mentre mi stavano facendo una TAC Quel ronzio metallico mi ha conciliato il sonno. Sono attratto dal Giappone da molto tempo, ma non si è mai presentata l’occasione giusta che mi ha fatto preparare la valigia e raggiungere il Paese del Sol Levante. Trovo geniale l’usanza di riprodurre i piatti in modo da creare un memu tridimensionale, molto meglio delle classiche foto sbiadite appese alle pareti. Per me sarebbe una salvezza, adoro vedere prima ciò che mangerò. Articolo ricco di info utili
Devo dire che addormentarsi durante una TAC è una prova di abilità davvero notevole 🙂
I piatti tridimensionali non sono solo una salvezza ma sono anche incredibilmente belli a vedersi. Ma non deve soprendere perchè i giapponesi sono incredibilmente attratti dal bello.
Quanto mi manca 🙁 mi manca….grazie, leggere è come viaggiare 🙂
Ehh, come ti caspisco! Per ora dobbiamo accontentarci di viaggiare leggendo
Grazie per questo viaggio a costo zero! 🙂 Bellissimo articolo! Non ci sono stato, ma spero prima o poi…sembra speciale!
Grazie a te per aver letto. Il Giappone sì è davvero speciale non solo per bellezze ma anche per le sue curiosità
Giappone? Adoro!!! Grazie per questo viaggio!
Grazie a te per aver letto!
Che meraviglia questo racconto del Giappone! Per non parlare del sushi! Vederlo in queste foto di per sé fa venire l’acquolina in bocca.
Effettivamente me lo sogno ancora quel sushi. Grazie per aver letto! 🙂